GIAN DOMENICO MAZZOCATO - Treviso -

Mi presento. Di mestiere faccio lo scrittore. Spero che qualcuno mi conosca, abbia letto almeno uno dei miei romanzi o qualche mio verso. O che magari sia stato a teatro a vedere e ad ascoltare qualcuno dei testi che scrivo per il palcoscenico. E in ogni caso vi invito per una conoscenza nel mio sito www.giandomenicomazzocato.it. In sito trovate il testo completo (e spero divertente) di un mio saggio sul collezionismo: scoprirete le vostre stesse manie, le vostre stesse emozioni.  Della mia collezione ho fatto due grandi mostre. La prima a Treviso (L’ARTE DI MACINAR NERO 2008), la seconda nella Rocca di Dozza, vicino a Imola (Bologna, MOLIENDO CAFÈ, 2011). Della prima si è interessato anche il TG1 delle 13 e 30 del 3 aprile 2008 (http://video.google.com/videoplay?docid=7073158779306899826#). In quell’occasione è stato edito anche un piccolo, prezioso catalogo che contiene, tra l’altro forse la più completa bibliografia in cartaceo e in internet sull’argomento. Nel catalogo è ospitato anche un mio testo in cui narro la storia del caffè, vista dalla parte delle macchine costruite per macinarlo.

A me interessano soprattutto le infinite forme che ha preso questo semplice strumento. E i mille materiali impiegati per costruirlo. Mi interessano certo le belle serie delle grandi aziende storiche. Ma mi interessano molto anche i macinini di costruzione artigianale.

Possiedo parecchi macinini ottocenteschi senza alcun marchio di fabbrica. Lì ogni cosa parla di una mano che li ha accarezzati e curati. Di un volto e di occhi che hanno sorriso con soddisfazione e affetto a quel pezzo. In questi macinini uno degli elementi di pregio è dato dalla manovella che spesso è un’autonoma opera d’arte in metallo battuto.

Ebbene, tanto per fare un esempio, a me è capitato di acquistare a Kuressaare (nell’isola di Saaremaa, davanti alle coste dell’Estonia) un macinino che reca sulla manovella la data battuta a punzone: 1887. Ai miei occhi è un oggetto unico, preziosissimo.

Un macinino ha un’anima di ferro, indistruttibile nel secoli e un involucro esterno spesso fragile e deperibile. Quando questo viene meno, per non buttare l’anima metallica, se ne ricostruisce l’involucro in manieramagari artigianale. È un aspetto documentato molto nella mia raccolta. Insomma: meccanismo e involucro stanno tra loro un po’ come anima e corpo. Spesso un macinino reca incrostata addosso una storia muta, accumulata negli anni e talora nei secoli.

 

E in fondo è la vita stessa ad assomigliare ad un grande inghiottitoio in cui tutto finisce per essere macinato. Lo ha detto bene il grande poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863) nel sonetto Er caffettiere fisolofo: L’ommini de sto monno sò l’istesso / Che vaghi de caffè ner macinino: / C’uno prima, uno doppo, e un’antro appresso, / Tutti quanti però vanno a un distino.

Perché a me interessano soprattutto gli aspetti etici e morali connessi con l’atto del macinare il caffè. Su questa strada ho fatto scoperte straordinarie. Viaggiando e leggendo.  Spero di aver chiarito perché amo collezionare macinini. Cosa mi evocano, che emozioni mi regalano.

Se qualcuno ha voglia di continuare il discorso con me questo è il mio indirizzo di posta elettronica:

giandoscriba@giandomenicomazzocato.it

TUTTE LE IMMAGINI DI QUESTA PAGINA VENGONO DALLA FOTOCRONACA DELLA MIA MOSTRA TREVIGIANA DEL 2008

“L’ARTE DI MACINAR NERO

DA POMPADOUR A NAPOLEONE,

 DA DIDEROT A WASHINGTON”  

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